L’ennesima pubblicazione della sconfinata discografia di Celer può rappresentare l’esempio perfetto per smentire i luoghi comuni tanto sull’immediatezza creativa di opere sperimentali quanto sulla magniloquenza espressiva sottostante alle frequenti lunghe sinfonie ambientali di Will Thomas Long. “Radish” consta infatti di ben diciannove brevi tracce prive di titolo, contrassegnate soltanto dal loro numero progressivo ed elaborate nel corso degli ultimi due anni a partire da frammenti strumentali, field recordings, suoni e rumori dalle matrici più disparate.

L’incessante successione delle tracce, sostanzialmente antitetica al loro essenziale contenuto, offre una sensazione di continua mutazione delle istantanee in movimento di Long, che disegnano una sequenza mutevole tale da restituire nell’ascolto lo stream of consciousness nel quale è stata compilata. Come la concisione di respiri che si avvicendano spontaneamente l’uno dopo l’altro, i diciannove brani mostrano una tecnica di impressionistiche suggestioni sonore, talora prodotte da frequenze e rumori appena al di sopra del livello della percezione e quasi solo nei passaggi relativamente più articolati (due sole tracce superano i cinque minuti di durata) sviluppate in minute partiture di placido ipnotismo ambientale.

Pur rinunciando a lavorare sulla persistenza, Long non ha depotenziato il contenuto immaginifico delle sue creazioni, quanto piuttosto ha inteso cristallizzare il fascino degli elementi più volativi di un descrittivismo emozionale costituito da un pulviscolo di brevi schegge sonore, la cui valenza in questa forma viene anzi esaltata.

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