Il nuovo album dei Celer arriva da una neonata etichetta, la Two Acorns, curata dalla metà del duo Will Long – e la cosa non ci stupisce data la prolificità della coppia. In più, a inaugurare il catalogo troviamo un album nato dalla collaborazione con Yui Onodera, che ha contribuito massicciamente alla cattura dei field recorder qui presenti. L’intento di Generic City riguarda l’unione dei frammenti sonori raccolti dai tre nelle rispettive location, Los Angeles e il Giappone, al fine di creare uno streaming di natura e suoni urbani, di spazi e luoghi che inglobano casualmente un passato, uno dei tanti (i canti al Buddha), e lo restituiscono in una quotidianità globale, a volte austera, spesso fascinosa.

In Generic City, il classico dronato Celer-iano incontra vari momenti concreti, come i passi nella metropolitana, le conversazioni di adulti e bambini e una serie di mezzi (automobili, tir, aerei, bicilclette). Filo conduttore è il flusso di coscienza, con una piccola novità, ossia l’idea di imaginary tale onoderiana. In pratica, un progetto ampiamente riuscito: costruire una città generica – o meglio, sui generis -, non solo un’impersonale toponomastica sonora, ma un favola sopra un ambiente familiare ma altro. L’ottimo Taylor Deupree al mastering completa un lavoro consigliato non solo ai soliti frequentatori dell’elettroacustica ma anche a chi vuol scivolare dall’ambient e dal post à la Dean Roberts a queste lande senza farsi male.

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