L’elemento della ripetizione dà adito alle critiche più feroci (e invero comprensibili) da parte di chi non ascolta musica ambient e/o minimalista: perché soffermarsi indefinitamente su un breve estratto che si ripresenta quasi o del tutto identico a se stesso per minuti, o persino ore ininterrotte? Che ne è del tempo – sia esso il nostro o inteso in senso assoluto -?
È quello che sarei tentato di chiamare il ‘principio/paradosso di Basinski’ (titolo attribuito per i meriti sul campo, non perché sia l’unico esponente della tape music): una cellula melodica individuale, di per sé prossima all’insignificanza in termini estetici ed emozionali, acquista maggior rilevanza e rivela la ricchezza delle proprie sfumature intrinseche soltanto nel processo di reiterazione, che accresce il portato di quella cellula nel moltiplicarla potenzialmente per sempre.
Will Long, alias Celer, non ha mai scisso la sua attività musicale dal viaggio e dalla sua documentazione visiva: la composizione per loop è il suo modo di stabilire un’equivalenza approssimativa tra il suono e la fotografia, nell’utopico eternamento di un istante che è passato non appena lo si è vissuto. I quattro brani/cd del box autoprodotto Future Predictions sono il monumentale complemento a Memory Repetitions (Smalltown Supersound, 2018): con queste delicate orchestrazioni, incise su nastro e soggette a minime modificazioni additive o sottrattive, Long proietta il sentimento di nostalgia nell’avvenire, medita su ciò che lo aspetta oltre e accompagna l’avanzamento con queste suite contemplative, rincuoranti nella loro essenzialità senza un preciso fine descrittivo, capaci di entrare nella vita di chiunque e lasciare una traccia di bellezza che, almeno idealmente, non sbiadisce mai. Perciò la sua durata non rappresenta un’appropriazione indebita di tempo, ma anzi un suo arricchimento per certi versi inestimabile.